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domenica 19 novembre 2017

NEXT GEN: IL TENNIS FAST FOOD DEL TREMILA

Spinto da antropologica curiosità, ho assistito a qualche incontro delle NexGen finals di scena a Milano, una sorta di Masters tra i migliori sette under 21 del tennis mondiale (più uno del terzo mondo italiano, per dovere di ospitalità). Urge qualche implacabile considerazione, sia sui giovanotti che sulle novità introdotte dalla manifestazione in vista di applicazione generale in futuro: set veloci (a 4), deciding point, abolizione del net sul servizi, coching con tanto di cuffie stile "Lascia o raddoppia" o Robertino ("ho vindo quacchecosa?") e altre mirabilie della modernità che ora mi sfuggiranno. Scopo evidente di questo tennis fast food sarebbe snellire il giuoco senza tediare troppo lo spettatore, che non è più quello del tv in bianco e nero ma guarda le partite sullo smartphone, twitta, si selfa, ha premura perché rischia di saltare la lezione di pilates postando una stories sull'Instagram mentre gratta le palle a un gatto nudo al tramonto. Il mondo va veloce, a chi inesorabilmente soffre di gotta e abbassamento della vista non resta che adeguarsi o buttarsi sulle bocce al parco. Al limite guardare i lavori per strada come i vecchietti, con aria scettica.
Cosa penso di queste novita, è presto detto: mi paiono una enorme, inutile, minchiata. Sembra roba buona per bimbiminkia che mangiano un panino al McDonalds ascoltando Fedez.
Se una partita è bella, te la godi per quattro ore. McEnroe-Borg, ma anche Youzhny-Del Potro, speri duri tanto. Nadal-Ferrer auspichi finisca alla svelta, non c'è set corto che tenga. Come un film. Non è che se dura poco diventa bellissimo. Anzi, se è bello, vorresti durasse di più. Se fa cagare, preghi la madonna addolorata che finisca quanto prima o vai a drogarti in bagno. Non è che mezz'ora di concerto di Fedez si più coinvolgente di tre ore dei Guns n'Roses.
In soldoni, per rendere più attraente il tennis, le grandi menti che governano questo sport, pensano a cambiare il format, quando invece il busillis non riguarda le regole, ma la bellezza tecnica oramai ridotta a contorno. Eccezione nell'abominio. Se il risultato che si vuole ottenere è far guardare superficialmente il tennis a chi non capisce un cazzo allargando l'effetto bimbominchiesco anche alla racchetta, però, questa novità è geniale.
Indubbiamente, la stagione risulterebbe meno stressante fisicamente. Basta vedere cosa è successo in questo 2017 da lazzaretto tennistico, martoriata da infortuni dei big e che nel finale ha visto prevalere chi ancora si teneva in piedi, un Master aberrante. La soluzione è rendere partite e tornei più rapidi? No, sarebbe eliminare tornei dal calendario, al limite. Ma contro gli sponsor non si può andare e allora ecco la soluzione: rapide baracconate.
In questo ci sarebbe la stessa contraddizione avutasi nel Pleistocene col cambio di materiali. Furono create racchette spaziali e leggere, generatrici di potenze terrificanti, ace e poco gioco sul veloce. La solizione? Impossibile tornare al legno, ecco che le superfici rapide furono trasformate in lenti cerapongo, appiattendo ogni differenza e peculiarità tecnica, trasformando tutto nello strano effetto da tennis volano: l'orrore.
Al solito dunque. Come per i materiali, anche le nuove regole snellenti fanno fronte a un problema reale non centrando il nocciolo del problema e anzi, rischiano di impoverire l'essenza di questo sport.

Ma passiamo con consueta solerzia alla disamina dei giovanotti del tremila nel Masters McDonalds. Assente Zverev, già tra i grandi, vince il più maturo, l'occhialuto Chung. Solidità tecnica e mentale, pochi fronzoli. Se provo a immaginarmelo come futuro dominatore del tennis mondiale, viene da espatriare su Marte o consolarsi pensando a cose peggiori (Trump alla Casa Bianca, Di Maio premier, il tofu, etc), ma può benissimo essere un top ten per anni. Un Nishikori con meno talento e più fisico da torello.
Poi un drappello di russi, osceno mix tra Davydenko e Safin. L'unico che vedo (e prevedo) possibile vincitore di slam resta Rublev. Pazzo, elettrico talento e velocità d'esecuzione strabiliante. La personalità c'è (tanta, forse in esubero), se riuscirà ad evitare pause letali sarà al vertice per anni. Kachanov tira scaldabagni terrificanti, ma non lo vedo come numero uno, quanto una mina vagante che in giornata o settimana giusta può diventare ingiocabile. Medvedev mi entusiasma poco. Certamente meno di Malgioglio al Gf vip che canta e balla "uticuticutì uticutà". Coric è un raro concentrato di boria comportamentale e tedio tecnico. L'unico ad entusiasmarmi, ammetto la debolezza, è l'uragano biondo del Canadà Dennis Shapovalov. Tecnicamente unico. Nei momenti di furore tecnico e agonistico risulta adrenalinico, dirompente e inarrestabile come le Cascate del Niagara. Considerando anche che ha tre anni in media meno degli altri, il futuro è dalla sua e i limiti pesano meno. Se penso a un numero uno nel 2022 penso a lui, mica a Chung.
Capitolo a parte quello di Gianluigi Quinzi. Invitato come premio alla nazione ospitante e uscito vittorioso da un torneo di pre-quali. Viene alla mente la finale di Wimbledon junior in cui domina il pari età Chung. Non si può non notare come in soli tre anni il coreano, lavorando sodo, sia diventato solidissimo e completo, mentre il marchigiano è rimasto avvitato a quello che era, seguito malissimo da chi si è cullato nelle malsana idea di avere già nelle mani un campione fatto e finito. Peggio ancora i tifosi morti di fica, convinti d'aver trovato dal niente il Messia, il Rafa/Roger tricolore. Invece ecco che, lampante, viene alla luce quanto valga il tennis junior: nulla. O, per chi ha l'intelligenza di capirlo, l'unica certezza di avere una buona base per iniziare. Quinzi basa tutto sul ritmo e l'intensità che spesso non è abbastanza o sufficiente nei pro per contrastare chi ha il colpo vincente o con chi, rispetto a lui, rispetto ai tempi junior ha lavorato tantissimo. Alla fine non sfigura nemmeno troppo e ha ancora tempo, se seguito bene, per avere una carriera discreta.

4 commenti:

  1. C'è stato un coaching di Quinzi in cui il coach gli ha detto: "Se tiri vincenti, l'altro non ci deve arrivare" - e l'altro interrompe la faccia da tragedia, si sveglia di colpo, dice: "I know". Un consiglio da tabella di allenamenti di Tennis Italiano per i 4.6 in ascesa verso 4.5 entro due anni.
    Poveraccio, era sotto una pressione incredibile, tre anni di illusioni e chimere in una cornice NBA o meglio Wrestling un venerdì sera nella periferia padana.
    E certo, i tempi erano troppo brevi per apprezzarne la tragedia umana e personale, il tennis!

    Ai 4 game però forse posso arrivare, il coaching fatto in modo meno idiota, magari più boxistico, senza cuffie, mi piace; non sopporto la volgarità diffusa, i movimenti degli spettatori e l'abolizione dei vantaggi.

    Poi c'è questa concezione totalmente alterata del portare lo spettatore televisivo in campo, che crea una spettacolarizzazione patinata che niente ha a che fare con lo stare davvero a bordo campo, sugli spalti, che ha suoni e punti di vista totalmente diversi da questa scenografia fatta di neri intensi e spazzatura visiva, sonora e sono certo anche organolettica nascosta in ogni anfratto. Lo trovo molto sciocco, ancora più superficiale del volano-tennis, come scrivi tu.

    Condivido i tuoi pareri sui giovani: Rublev è l'unico che ho visto dal vivo (battere il Sock in ascesa di fine stagione, pur perdendo il primo set: entusiasmante), esile, imprevedibile, non immediato da leggere per gli avversari (figurati per me spettatore medio). Kachanov una sorta di mina vagante alla Wawrinka, ma prima dei 28-29 anni, visto il disintegrarsi del panorama attuale, può starci.

    Ora per queste sei settimane di pausa non lasciarci a gettare occhiate al campionato italiano, né a Pisapia-Bonino-Prodi, per favore e grazie e mille. A presto!

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    1. Sì, tutto condivisibile. Compreso quei cosching agghiaccianti. L'impressione mia è che si voglia ammodernare e "pacchianizzare" uno sport che era bello proprio per la sua rituale diversità e complessità, rispetto agli altri.
      Vedremo. Non credo si prospetti un'attuazione immediata. Almeno spero, finché campo.
      Sì, Rublev ha quella scintilla in più, ma spesso si perde, inizia a delirare. E queste cose, se non sei McEnroe sono una mannaia.
      Ciao Lorenzo, a presto.
      (Quanto alle eterne faide e sfide interne alla sinistra italiana sul modo più eroico di consegnare il paese alle destre, beh stendo un velo pietoso. Meglio una biografia di Povia).

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  2. Dell'aberrante mix di regole sperimentate al torneo milanese non hai menzionato il free movement per il pubblico.
    Bella idea. Ho avuto il privilegio di assistere, alla O2 Arena, alla sessione diurna del 14.11: singolare Sock - Cilic. Sarà il torneo indoor, o, forse, l'acustica del complesso (favoloso, devo dire): fatto sta che dagli spalti si percepisce quasi il respiro dei giocatori. Arrivano forti e chiare, tuttavia, anche le emissioni del pubblico: grida, rutti, masticazioni, movimenti continui durante il gioco. C'è stato un momento in cui Lahjani ha dovuto richiamare un'area lusso da cui provenivano schiamazzi e rumori di piatti (problema comune a Montecarlo, quest'ultimo).
    Ecco, si può immaginare cosa accadrebbe se fosse consentito entrare ed uscire a piacimento durante gli scambi: tappi alle orecchie per i tennisti (ma a questo punto, perché non auricolari che consentano l'eterodirezione colpo per colpo del coach in stile playstation) e caos da incontro di boxe attorno. Anzi, potrebbero abolire direttamente i posti a sedere: tanto, con il viavai continuo degli astanti godersi la partita dalla propria poltroncina diverrebbe impossibile. Già con le attuali regole, ad ogni cambio di campo, e spesso anche fuori delle pause tecniche, tocca alzarsi per lasciar passare moltitudini di irrequieti. Se poi hai la fortuna di incocciare la fila dei birromani, la processione si ripeterà immancabilmente ogni 3 games, dovendo questi peregrinare al bar e/o al cesso.
    Certo, se la birra costa l'equivalente di € 10,00 si intuisce la ragione della nuova regola...
    Per inciso, Sock dal vivo è davvero divertente e se mette a posto il rovescio può fare ancora meglio nei tornei sul veloce.
    Cari saluti

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    1. Sono perfettamente d'accordo. Penso lo siano tutti quelli che hanno iniziato a seguire questo sport quando si distingueva proprio per la sua rituale, quasi religiosa, liturgia. Una messa nel tempio, al limite intervallata da un urlaccio di Supermac. Ora vogliono trasformarlo in una discoteca per truzzi schiamazzanti, con due robotici fantocci diretti da fili. Quasi il contrario di quello che era.
      Il mondo cambia, ok. Non ci sono più le cabine ma i messaggi whatsapp, però non credo queste nuove regole piacciano a tutti i giovani. Piacciono a sponsor e tv, e temo basti. Tanto ci si abitua a tutto.
      Ciao Luca, a presto

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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.