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lunedì 24 luglio 2017

IL PEGGIO DELLA SETTIMANA: IL RITORNO DALL'OLTRETOMBA DI PETZSCHNER E FERRER, LA PRIMA DI RUBLEV



(Post di 5 minuti, scritto sul telefonino aspettando in coda al supermercato).

Come tursiopi che giochicchiano col velenosissimo pesce palle e, mordicchiandolo sapientemente, assumono piccole dosi di veleno, Petzschner e Melzer (al secolo, scemo + scemo), volteggiavano egagri e strafatti, funamboli biscazzieri tra gioco, vita e sballo. Ah, quanti ricordi. Una volée melliflua, una bomba al fulmicotone, ricamo o aborto, sorrisetto squilibrato e via. Stando ben attenti a non schiacciare il pesce palla e morendo all'istante, giocavano col fato, lanciandoseli tra piroette e sbuffi d'acqua. Il periglio mortale come eccitante estremo. Seguitavano a lanciarselo e sballarsi a mo di poeti maledetti francesi, delfini tossici. Vinsero tre titoli, i due funamboli, due dei quali Slam (Wimbledon e Flushing Meadows). Quando si dice la classe.
A tre anni dall'ultimo acuto, il tursiope strafatto di veleno a piccole dosi del pesce palla, riappare a Baastad, dove trionfa assieme al doppista di lunghissimo corso (43enne) Knowle. Avanti così. Ci sono almeno 15 anni buoni di carriera per il nostro incommensurabile fesso teutonico Petzschner (8). Sempre in Svezia, il singolare va a un altro redivivo: David Ferrer (7), bravo a placare le zigzaganti insensatezze meravigliosamente inutili di Dolgopolov (6+). Pare, ma sono illazioni, che David abbia ripreso a fumare due pacchetti al giorno e sniffare calzini di prima qualità. Quindi, occhio a lui.

Ma in questa settimana da post apocalisse Wimbledon, v'era una mare di nulla interessantissimo tra i vari tornei. A Newport vince Isner (6,5), torneo che avrebbe portato a casa anche giocando solo di testa come Hateley. In finale, per dire, batte il redivivo Ebden (6). Sui prati fuori tempo americani ben figura anche quel tal Frank Dancevic (7, proprio lui!), partendo dalle qualificazioni. Sta tornando. L'estate si preannuncia ricca di sorprese.

Detto di Baastad, in Europa tornava l'amata terra rossa per chi, complici ristati modesti, deve rinunciare alle vacanze. Ecco Umago quindi, località turistica con bel mare e ottimo pesce, nel quale cogliere due piccioni con una fava. Torneo storicamente facilmente facile preda per italiani in tappine e pareo. Stavolta invece lo porta a casa un NexGen, Rublev (7,5). Aridaje. Eccone un'altro. Dopo Zverev, Kyrgios, Coric, Kokkinakis, Medvedev, Kachanov, etc...ora tocca a lui. Un altro belieber con ciuffone bimbominkia (tocca rassegnarsi, bellezza. È la nextgen), dall'indubbio talento. Due anni fa, visto dal vivo a Roma, mi impressionò. Colpi e martellate da predestinato, carattere e personalità, con bizzosi estremi da limare. Aveva 17 anni, mica 30, del resto. All'epoca però, esteticamente preferivo Kozlov e Safiullin (che ora vaga per futures sbeffeggiato dal mitologico Adelchi Virgili).
Il russo vince da lucky loser, regolando in finale uno stoico Lorenzi (7) e dopo aver percosso nei quarti Fognini (5), che accetta la sconfitta con la consueta sobrietà (prende solo righe, playstation, vincerebbe pure al casinò, porcoddiaz). Cristo pietà. Certo, un malpensante malparido potrebbe scrivere che oltre a perdere nei tornei importanti il nostro non vince nemmeno quando non c'è nessuno o quasi, in tornei da spiaggianti delusi. Che piglia sberle dai top attuali e dai NextGen, ProxiGen e AttualPipp. Ma, appunto, sarebbe un malparido. A Umago il pesce era buono, e il nostro aveva problemi di ventilatio intestinalis putrens. O "diarrea (emoticon)", coma fa sapere prontamente il di lui, egualmente sobrio, babbo (9,5).

Un'altra vicenda agonistica mi sta elettrizzando in questi giorni d'afa: la lotta per la candidatura a Premier in seno al M5s. Sfida epocale. Senza esclusione di colpi e minchiate. Sempre più grosse. Sbalorditive. Parte Gigino Di Maio a testa bassa con quel "Tal Boneschi" che continua a percepire un vitalizio. Pazienza che Boneschi sia morto da un anno e che un suo rutto valesse più di una miserrima vita da Di Maio. Dibattista non si fa intimorire e, forte di un estro da funambolo sudamericano appreso scaricando platani nelle navi nicaraguensi in gioventù, sferra un colpo sontuoso criticando Macron. Lo definisce una specie di Napoleone. Che poi, prosegue, conscio di sferrare un vincente a campo aperto "Napoleone almeno combatteva ad Auschwitz". Ora l'elettorato grillino è confuso, il Dibba ha ricucito lo strappo. Di Maio però, politico di razza (cit. un miracolato da Basaglia) non si fa intimorire, ed ecco il lampo di genio improvviso. L'Italia brucia, devastata da incendi ovunque. E cosa ti tira fuori questo piccolo sciacallo col sorrisetto da secchione impreparato? Racconta di aver chiamato ambasciate estere, Francia, Austria, San Marino, per ottenere canadair che, per magia, arrivano in nostro soccorso. Interrogati, i francesi dicono di aver ricevuto richieste solo dalla Protezione Civile e che Di Maio aveva chiamato il ristorante francese per farsi portare la cena, senza riuscirci. E, continuano, "perché, chi sarebbe questo conta palle?". Niente, fa il giornalista con un filo di vergogna "Uno, molto preparato, che dovrebbe candidarsi alla guida dell'Italia".
"Ah...les italiens...".


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Dissi io stesso, una volta, commentando una volè di McEnroe: "Se fossi un po' più gay, da una carezza simile mi farei sedurre". Simile affermazione non giovò certo alla mia fama di sciupafemmine, ma pare ovvio che mai avrei reagito con simile paradosso a un dirittaccio di Borg o di Lendl. Gianni Clerici.